La lanterna di San Martino
L’estate di san Martino era finita.
Quando la luce si era tinta d’oro prima del tramonto,
un freddo pungente si era insinuato nell’aria,
corretto con un pizzico di autunno.
Melissa De la Cruz
L’ 11 novembre si celebra San Martino, giornata che da tradizione segna l’inizio alle feste natalizie e conclude il periodo della raccolta e dell’immagazzinamento delle provviste per l’inverno.
Questa tradizione è diffusa soprattutto in Germania, dove l’estate di San Martino segna l’inizio del periodo natalizio ed ogni anno l’11 novembre viene organizzata la “Laternenumzug”: processione serale durante la quale i bambini sfilano con le lanterne accese, le appendono ai rami degli alberi e recitano alcune filastrocche.
Durante questa festa è usanza popolare accendere le cosiddette lanterne di San Martino.
Le lanterne rappresentano il calore estivo e sono simbolo di buon auspicio e calore umano. Per questo è importante che le lanterne vengano accese ogni giorno fino a Natale: secondo la tradizione porta bene farlo.
Anche in Italia il rituale delle lanterne è molto sentito, e viene replicato nelle scuole dell’infanzia, soprattutto le scuole steineriane.
Le lanterne vanno accese nel pomeriggio, e poi insieme ai bambini si portano ad illuminare i boschi aiutando così gli animali a trovare le loro tane per l’inverno. Durante la passeggiata nel bosco vengono raccontate delle storie, oppure si cantano canzoncine come “San Martino cavaliere“:
“San Martino, cavaliere,
ti ringrazio per la luce,
che per strada mi conduce,
e mi illumina il cammin.”
La parte più creativa e fantasiosa di questa tradizione, rimane comunque la costruzione delle lanterne. Si possono costruire con la carta (magari colorata o disegnata), carta di riso, carta velina, carta riciclata, sacchetti del pane, vasetti di vetro, bottiglie di plastica, il tutto colorato e decorato con motivi autunnali.
Anche nelle scuole parrocchiali si usa costruire la lanterna di San Martino, per raccontare l’avvincente storia di questo Santo.
San Martino di Tours visse tra il 317 ed il 397 d.C.; era un giovane soldato di cavalleria della guardia imperiale.
Un giorno mentre tornava a casa, portava l’armatura, lo scudo, la spada e un mantello caldo e foderato di lana di pecora. Ma lungo la strada, vide un povero vecchietto coperto di pochi stracci che chiedeva l’elemosina, seduto per terra, tremante per il freddo. Il cavaliere lo guardò ed impietositosi, scese da cavallo e con un colpo secco di spada tagliò in due il suo bel mantello e ne regalò una parte al povero.
Martino, contento di aver fatto la carità, spronò il cavallo a procedere ma all’improvviso cominciò a piovere forte ed un vento gelido sembrava volesse portargli via anche la parte di mantello che lo ricopriva a malapena. Fatti pochi passi ecco che smise di piovere ed il vento di placò.
Il cielo d’un tratto diventò sereno e l’aria si fece mite. Il sole cominciò a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello: ecco l’estate di San Martino.
Ma la storia di San Martino non finisce qui. Durante la notte, infatti, Martino sognò Gesù che lo ringraziava mostrandogli la metà del mantello, quasi per fargli capire che il mendicante incontrato era proprio lui in persona.
Oltre alla costruzione della lanterna, in questo giorno è tradizione Veneta, più specificatamente Veneziana realizzare il “dolce di San Martino”: un biscottone di pasta frolla che ritrae la figura del santo a cavallo, coperto di dolcezze (caramelle e cioccolatini).
I bambini vestiti con mantello e corone passeggiano tra le calli e fanno festa battendo pentole e coperchi come fossero strumenti musicali in cambio di qualche piccola ricompensa.
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